È stato un continuo andirivieni dal Molise per Matteo Salvini. Ha presidiato il territorio con quattro visite durante la campagna elettorale per le regionali, portando con sé i ministri del suo partito, compreso il numero uno del Mef, Giancarlo Giorgetti.

Ora le urne sono aperte e sarà possibile votare fino a domani. Per il vicepremier la vittoria alle regionali deve rappresentare un primo passo per il rilancio del partito, anche se il candidato alla presidenza, il sindaco di Termoli, Francesco Roberti, è di Forza Italia. Così si è presentato con piglio ironico: «Rivendico una certezza, il Molise esiste». Peseranno i voti di lista.

Giorgia Meloni ha invece sorvolato: Tra Mes, caso Santanchè e tensioni varie nella maggioranza, il Molise non ha trovato spazio nell’agenda. Al suo posto ha spedito il fedelissimo viceministro ai Trasporti, Galeazzo Bignami.

Tutti Fratelli d’Italia

Fratelli d’Italia, però, già gongola: c’è stata la corsa a cercare un posto in lista, tutti smaniosi di salire sul carro del vincitore, come il presidente uscente del consiglio regionale, Salvatore Micone, di provenienza Udc. Una prova di forza prima ancora di aprire le urne. Il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, invece è accorso a sponsorizzare Roberti. «Berlusconi era molto legato al Molise», ha detto il ministro degli Esteri. In due occasioni – quando la legge elettorale lo consentiva – fece scattare il proprio seggio in questa regione. Il nome di Berlusconi riecheggia, eccome: per quanto ci sia in palio la regione più piccola d'Italia, è la prima volta che gli azzurri corrono senza di lui.

Il romanzo delle regionali molisane si arricchisce di un altro capitolo: il supporto di Italia viva al centrodestra. Non è una novità in competizioni locali, certo. Ma questa volta i big nazionali hanno rivendicato con orgoglio la scelta. «Il nostro sostegno è convinto e saremo al fianco di Roberti per la vittoria», ha detto il deputato renziano, Ettore Rosato, presenziando a un evento elettorale di Donato D’Ambrosio, ospitato nella lista Udc.

Al fianco dello sguardo nazionale ci sono i mille rivoli tipici di un’elezione locale. Con un dato politico inoppugnabile: Donato Toma, presidente uscente, è stato scaricato dalla coalizione dopo un mandato. Abbandonato da tutti, parafulmine di un’amministrazione bocciata dai fatti, incapace di tirar fuori la sanità dal commissariamento che dura da 13 anni e di far approvare l’ultimo bilancio di previsione. L’ente va avanti in esercizio provvisorio da gennaio.

Il mancato Formigoni

Lacopertina locale spetta all’ex presidente Angelo Michele Iorio, che ha agbbracciato da qualche anno il partito di Giorgia Meloni, l’ennesimo della sua lunga carriera, iniziata nella Dc a metà degli anni Settanta, proseguita tra Forza Itali e Pdl, fino alla piccola formazione di Maurizio Lupi, Noi con l’Italia. Iorio è il simbolo del potere immutabile: a 75 anni si candida per entrare la nona volta in consiglio, l’assemblea in cui ha messo piede la prima volta nel 1990, da sindaco di Isernia. Al governo c’era Giulio Andreotti e il Muro di Berlino era caduto da pochi mesi. Chiedeva qualcosa in più a questo 2023, una scarica di adrenalina superiore, il ritorno al vertice della giunta. Sognava di ridiventare il presidente di Regione recordman di longevità. La sfida che lo avrebbe trasformato nel Formigoni molisano, eguagliando i 18 anni totali da governatore del lombardo. Una passione autentica, quella di Iorio per la Regione: pur di conservare il posto di presidente si è dimesso - per incompatibilità - da deputato nel 2003 e da senatore nel 2006.

I colleghi di coalizione sono riusciti a dissuaderlo dal proposito di candidarsi alla presidenza, ricordandogli che la sanità è stata commissariata con lui e che la corte d’appello dei conti ha condannato l’ex sua giunta a un risarcimento per la storia del Termoli Jet, un catamarano acquistato nel 2003 per 8 milioni di euro e rimasto fermo in porto. L’Highlander di Isernia ha rinunciato alla poltrona e ha ottenuto in cambio la garanzia di un ruolo di prestigio, un assessorato di peso con vicepresidenza.

Lotito lo spalmadebiti

Se Iorio è una figura pressoché locale, in Molise fa capolino un altro volto noto: il presidente della Lazio e senatore di Forza Italia, Claudio Lotito, folgorato sulla via di Campobasso. Non è candidato, ma è diventato il kingmaker molisano per gli azzurri, dopo essere stato paracadutato qui alle politiche. Si era lanciato nella promessa di azzerare il debito regionale. Ha dovuto accontentarsi di un emendamento per spalmarlo: dieci anni di tempo per ripianare il disavanzo. Un regalo portato in dote ai forzisti, da spendere in campagna elettorale per costruire un piccolo feudo.

Non possono mancare affari e liti di famiglia, come quello tra l’eurodeputato di Forza Italia, Aldo Patriciello, potente figura della sanità molisana con il gruppo Neuromed, e il marito della sorella, Vincenzo Cotugno, vice presidente uscente. Patriciello supporta il centrodestra con la civica “Il Molise che vogliamo”, schierando come punta di diamante, la sindaca di Pozzilli, Stefania Passarelli, dirigente proprio alla Neuromed.

Cotugno, invece, è nella lista di Forza Italia, dopo aver annunciato l’addio al movimento del cognato. In lista con lui spicca il nome di Filomena Calenda, che ha rassegnato le dimissioni da assessora a marzo, in polemica con Toma. Due anni fa, eletta nel 2018 con la Lega, firmò la mozione di sfiducia contro il presidente. Nella stessa giornata ci ripensò e colpo di scena: presto entrò in giunta.

E il candidato presidente del centrodestra? La scelta del nome di Roberti, sindaco di Termoli, è arrivata quasi a sorpresa, perché si tratta di una figura alquanto sui generis. Nel suo stesso partito, Forza Italia, deve fare i conti con molti nemici. Le ruggini risalgono alle ultime Politiche, quando non ha sostenuto i candidati berlusconiani, preferendo quelli delle altre liste della coalizione, che venivano dal basso Molise, l’area della sua città. Una sorta di secessionismo in salsa molisana.

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